mercoledì 2 gennaio 2019

"Il miniaturista" di Jessie Burton - Cosa ne penso?


“Petronella e` una ragazza olandese di 18 anni che giunge ad Amsterdam per andare ad abitare nella casa del ricco commerciante di zucchero Johannes Brandt. Johannes e Nella si sono appena sposati e Nella e` desiderosa di iniziare la sua nuova vita da moglie, preparata in questo dalla ambiziosa madre.
Ma ben presto Nella si scontrera` con la dura realta` di un marito assente e una cognata fredda e altera. Senza un amico, senza davvero essere la padrona della sua casa, Nella si concentra su uno stipetto, regalo di nozze del marito, che rappresenta la loro casa in miniatura. Per arredarla si rivolge quindi a un miniaturista che, rimanendo sempre nell'ombra, non fornisce Nella solo di minuscoli mobili per il suo stipetto, ma di altre miniature che sembrano in qualche modo parlarle della sua vita e di cio` che potrebbe accadere alla sua famiglia, una sorta di misterioso avvertimento contro i misteri e i segreti che si celano dietro le mura della sua casa e che rischiano di mettere in pericolo la vita di tutti.”



Il miniaturista e` un libro pubblicato nel 2014 ma che personalmente ho iniziato a vedere con una certa insistenza solo due anni fa. Di questo romanzo mi ha colpito soprattutto la bellissima copertina e cosi, senza informarmi sulla trama, ho deciso che sarebbe stato mio (aah il potere del marketing…). Finalmente la scorsa estate l'ho scovato in una bancarella di libri usati e l'ho acchiappato al volo ma ho deciso di leggerlo a Dicembre perche` mi sembrava una lettura piu` adatta a questo periodo.

La trama non indicava sicuramente una delle mie solite letture, ma era comunque misteriosa abbastanza da attizzare la mia curiosita`; peccato che nel corso della lettura questa curiosita` si e` attenuata parecchio. Mi spiego meglio.
Questo libro e` incentrato sul mistero: nel momento in cui Nella accetta di sposare Johannes e di entrare in casa sua, la sua vita sara` costellata di segreti, alcuni dei quali verranno a galla (soprattutto quelli che riguardano la sua famiglia). In questo viene aiutata dalla figura del miniaturista, una figura misteriosa che mai si svelera` e che rimane per il lettore la vera incognita, fino alla fine.
Nel momento in cui Nella entra nella famiglia Brandt non viene accolta molto bene. Il marito e` costantemente assente e accetta qualsiasi tipo di incarico per stare lontano da casa sua e dalla sua nuova moglie. I due arrivano anche a non consumare mai il matrimonio perche` Johannes evita qualsiasi tipo di approccio. Nella non puo` neanche trovare un po` di conforto nella cognata perche` anche questa la evita e la tratta in maniera altezzosa e fredda, non lasciandole mai il comando e il controllo della casa. Piano piano pero` Nella inizia a intuire che dietro questi comportamenti distaccati c'e` qualcosa che i fratelli Brandt nascondono; i sussurri, le porte che sbattono in piena notte non fanno altro che aumentare la curiosita` di Nella e la sua convinzione che ci sia sotto qualcosa. E qui entra in scena (si fa per dire) il Miniaturista.
Marin si rende conto che il fratello ignora troppo sua moglie e che questo potrebbe farla sentire sola..e una Nella sola e annoiata significherebbe una Nella ficcanaso. Spinto a fare qualcosa, Johannes torna quindi a casa con un bizzarro dono di nozze: uno stipetto che riproduce fedelmente la loro casa in miniatura, un giocattolo che dovrebbe tenere occupata Nella.
Dopo un primo momento di rifiuto, Nella decide quindi di rivolgersi a un miniaturista per rifornirsi di piccoli mobili per la sua nuova casetta. Da questo momento la vita dei Brandt diventa decisamente piu` movimentata, perche` se lo scopo di questo regalo era quello di tenere Nella occupata, il miniaturista inizia a mandare degli strani messaggi a Nella sotto forma di miniature non richieste che pero` hanno molto a che fare con la vita dei Brandt, fin troppo. Come dei piccoli suggerimenti o ammonimenti che svegliano Nella dal suo torpore e la inducono a capire che c'e` molto che le viene tenuto nascosto.

Tutto questo poteva essere tradotto in un grande libro. Purtroppo a parer mio non e` stato cosi. E` vero che praticamente tutti i segreti dei fratelli Brandt vengono a galla, rivelando a Nella che marito e cognata non sono persone egoiste e cattive, ma sono solo vittime della societa` fortemente bigotta in cui vivono che li costringe a nacondersi e a castrare le loro aspirazioni di vita, i loro desideri e le loro personalita`. Ma uno dei piu` grandi misteri del libro rimane tale fino alla fine, ossia l'identita` del miniaturista. Per essere precisi, l'identita` viene svelata ma non e` per niente soddisfacente. Non ho trovato una vera spiegazione di che tipo di persona sia il miniaturista, delle sue motivazioni e delle sue particolari capacita`. Il miniaturista in qualche modo “vede” la vita di chi si rivolge alla sua professionalita` ma perche` decide di intromettersi nella loro vita? Cosa lo spinge? Perche` si nasconde? Ho fatto congetture, ipotesi, ho una mia idea ma non ho avuto la sensazione di una vera spiegazione. Io apprezzo quando gli scrittori non spiegano tutto al lettore e lasciano un po` di mistero alla libera interpretazione ma questo e` troppo. Non credo che Jessie Burton mi abbia spiegato niente e se l'ha fatto ho la sgradevole sensazione di non aver capito. E` come se la Burton avesse avuto tra le mani tante cose in pentola che poi sono “bruciate”. Tanti buoni ingredienti che poi hanno dato vita a una ricetta insipida. Non si puo` incentrare il romanzo su una tale figura che ha un ruolo chiave nella trama, intitolare perfino il libro con il suo “nome” per poi lasciarla una fiigura evanescente.

Purtoppo non ho apprezzato neanche i personaggi. Il modo in cui i fratelli Brandt hanno dovuto vivere la loro vita per colpa della societa` in cui vivevano e` davvero molto triste e se da una parte ho apprezzato Marin perche` alla fine e` l'unica che ha avuto veramente coraggio e ha fatto tutto quello che era in suo potere, sacrificandosi per il fratello, Johannes non mi e` piaciuto molto; non e` una cattiva persona ma l'ho trovato un po` egoista, talmente preso dai suoi problemi da non accorgersi di cio` che stava facendo alla sorella prima e alla moglie poi. Ma la “peggiore” di tutti e` proprio Petronella, la protagonista. Per quasi tutto il libro e` abbastanza infantile, continua a ribadire il fatto che ha 18 anni, che e` una donna sposata e si indigna quando la trattano da bambina, ma in realta` lo e`. Inoltre e` una grandissima impicciona e non so davvero come abbia fatto Marin a non scoppiare. Finalmente cresce e apre gli occhi ma solo verso la fine, quando e` costretta a capire che per quanto sia stata abbastanza sfigata a finire in quella famiglia, ci sono persone che affrontano problemi molto piu` grossi dei suoi senza fiatare (proprio come Marin).
Per tutto il tempo quindi ho avuto sensazioni sgradevoli che la fine del romanzo non ha fatto altro che confermare. Almeno la lettura e` stata molto scorrevole e per niente pesante.

Mi dispiace bocciare un libro, soprattutto quando avevo tante aspettative e quando al contrario ci sono molte persone che lo hanno apprezzato. Come sempre, questa e` la mia opinione personale, e` il riassunto di quello che questo romanzo ha provocato in me. Il mio voto questa volta e` di un 3/5, un po` rosicchiato perche` non voglio essere troppo cattiva. Magari sono davvero io il problema e seplicemente non ho colto il significato del libro. 

sabato 15 dicembre 2018

"The winter people" di Jennifer McMahon - Cosa ne penso?


“West Hall in Vermont e` sempre stato un posto di strane sparizioni e vecchie leggende. La piu` misteriosa e` quella che riguarda Sara Harrison Shea che, nel 1908 venne trovata morta solo qualche tempo dopo la tragica scomparsa della figlia Gertie.
Ai giorni nostri, la diciannovenne Ruthie vive con la madre e la sorellina in quella stessa casa che un secolo prima e` stata proprio di Sara e un giorno Ruthie torna a casa per scoprire che la madre Alice e` misteriosamente scomparsa. Alla ricerca di indizi che la aiutino a scoprire cosa e` successo, Ruthie trova una copia del diario personale di Sara Harrison Shea nascosto in camera di sua madre. Da qui forse si inizia a capire che i due fatti possono essere collegati in qualche modo e che quelle montagne dietro West Hall possono nascondere terribili segreti.”




The winter people e`un romanzo scritto dall'autrice americana Jennifer McMahon e pubblicato nel 2014, ma io ho iniziato a vederlo in tantissimi profili americani e inglesi poco piu` di un anno fa. Mi ha incuriosito subito perche` veniva definito un horror, un thriller dai risvolti paranormali, un libro in grado di far venire letteralmente i brividi. Ormai e` veramente difficile trovare un horror (che sia un libro o un film) degno del suo nome e di quello che dovrebbe suscitare nel lettore o nello spettatore; la maggior parte delle volte, infatti, possono avere anche una buona idea di base ma risultano poi banali. E quindi un libro che viene descritto in tali toni entusiastici mi ha attirata subito. Anche se ho finito per leggerlo solo adesso :D!

Il libro si sviluppa su due linee temporali: in una ci troviamo nel 1908 con Sara, suo marito Martin e la loro figlia Gertie. Scopriamo che Sara e Martin hanno vissuto piu` volte la tragedia della perdita di un figlio fino all'arrivo della piccola Gertie, con la quale Sara ha un rapporto strettissimo. Il punto di vista di Sara e` presentato in prima persona, attraverso le pagine del suo diario mentre quello di Martin e` in terza persona. I fatti che culminano con la scomparsa di Gertie, il dolore per la perdita e la terribile spiegazione non vengono quindi narrati tutti insieme ma il lettore scopre poco per volta, a mano a mano che procediamo con la lettura del diario di Sara.
Nella seconda linea temporale a noi contemporanea troviamo molte protagoniste come Ruthie, attuale inquilina della casa di Sara e la cui madre scompare misteriosamente, ma abbiano anche Katherine, artista che ha appena perso figlio e marito e la strana Candace. Vite apparentemente slegate tra di loro che invece sono strettamente connesse da un filo che porta direttamente al passato e precisamente al 1908 e a Sara Harrison Shea.
Per quanto la narrazione salti da un protagonista all'altro, da una linea temporale all'altra, la narrazione non risulta mai confusionaria, non si ha l'impressione di perdersi dei dettagli importanti o di confondersi. In questo l'autrice e` stata brava, narrando e spiegando i fatti poco per volta, lasciando il tempo al lettore di fare i collegamenti e di dire :”Ma certo! Ora ha senso!”.
Tra i vari personaggi interessanti, la piu` misteriosa rimane Auntie, una donna di origini indiane, ritenuta dalla gente del posto una strega, seconda madre e mentore per Sara ma che viene allontanata dopo che la gente del villaggio scopre che e` pure l'amante del padre vedovo. Auntie e` una figura misteriosa, di cui abbiamo una descrizione solo dai ricordi di Sara e il cui ruolo (fondamentale) sara` spiegato, come sempre con i dovuti tempi, quando la storia e il lettore saranno pronti.
I colpi di scena ci sono, sono tanti e mi sono piaciuti tutti! Alcuni prevedibili, altri meno, ma tutti intelligenti e con un senso all'interno della storia.

Uno dei temi principali di questo libro, oltre al fattore “storia da brividi”, e` il lutto e in particolare come una persona puo` affrontarlo, cosa puo` arrivare a fare spinta dal dolore e cosa e` disposta a fare pur di rivedere chi ha perso anche solo una volta. Il lettore si rende conto che i personaggi possono commettere degli atti decisamente poco felici ma e` difficile giudicarli perche` il lutto e la sensazione che questo porta travolgono il lettore stesso. E inoltre senza queste decisioni decisamente e eticamente sbagliate, l'intera trama e di conseguenza il libro non esisterebbero. Per questo tema, The winter people mi ha ricordato molto Pet Sematary di Stephen King. Per quanto non me la senta di paragonare la McMahon a King ne` la trama di questo libro con quello dello zio Steve le atmosfere e il tema del lutto sono affrontati in maniera simile. In tutti e due i libri, in fondo, abbiamo chi va via e chi resta, e chi resta sceglie modi molto particolari per affrontare la perdita.

Questo libro non e` ancora uscito in Italia, quindi ho letto l'edizione americana. E` semplice? E` comprensibile? Premettendo che ovviamente, per leggere un romanzo in inglese bisogna avere basi quantomeno accettabili, il fatto che un libro sia scritto in inglese “moderno” non e` sempre sinonimo di semplicita`. Ora, io l'inglese lo conosco bene ma non ho piu` avuto occasione di praticarlo per piu` di tre anni, quindi e` un po` arruginito. In questi tre anni ho letto qualche libro in inglese ma mi accorgevo che, benche` li capissi, la lettura era a volte un po` ostica e quindi piu` lenta rispetto alla lettura in italiano. Con questo libro non e` avvenuto neanche una volta. Oltre a essere scritto in un inglese molto semplice, le frasi sono brevi, concise ma non sono mai banali e per questo la lettura e` davvero molto scorrevole.

Mi sento di promuovere praticamente tutto di questo romanzo, che ha soddisfatto ampiamente le mie aspettative! Il romanzo e` avvincente, si legge davvero tutto d'un fiato, non riuscivo a staccarmi e a chiuderlo, tanto che lo considero uno dei libri piu` belli letti di tutto il 2018! Il mio voto e` 5/5!

martedì 4 dicembre 2018

"Un indovino mi disse" di Tiziano Terzani - Cosa ne penso?


“Nel 1976 Tiziano Terzani si trovava a Hong Kong, quando incontro` un indovino che lo ammoni` con queste parole :”Attento! Nel 1993 corri un gran rischio di morire. In quell'anno non volare. Non volare mai.” Terzani continuo` la sua avventurosa vita di giornalista corrispondente per altri 16 anni fino a quando, alla fine del 1992 inizio` a riflettere sulle parole dell'indovino di Hong Kong. Non era molto propenso a crederci e inoltre un ammonimento del genere per il suo lavoro sarebbe stato abbastanza complicato...ma non impossibile. Perche` rinunciare all'aereo poteva essere un ottimo modo per riscoprire vecchi modi di viaggiare; una sfida che invece che spaventare il giornalista, lo riempie di voglia di avventura. In questo libro Terzani ci racconta come e` trascorso questo “anno senza aerei”, un pretesto per riscoprire un'Asia che piano piano si sta perdendo.”




Tiziano Terzani e` un esempio di una figura professionale che forse, con il tempo, stiamo purtroppo perdendo. Era un giornalista italiano, corrispondente dall'Asia per il tedesco Der Spiegel, protagonista di alcuni degli eventi piu` importanti che hanno colpito quella parte del mondo nella seconda meta` del secolo scorso; ed era un giornalista che, come racconta lui stesso, non seguiva gli avvenimenti al sicuro della sua camera d'albergo ma che amava buttarsi nella mischia, vedere con i propri occhi e per questo ha piu` volte rischiato la vita. Ha visto guerre scoppiare e finire, rivoluzioni, dittature e tutte in prima persona; ha vissuto personalmente in Asia per 30 anni con tutta la sua famiglia. Era un fiorentino, nato in una famiglia molto povera e semplice, che ha sempre sentito di appartenere ad altri luoghi e questi luoghi erano proprio quelli dove poi ha scelto di lavorare. In tutti questi anni ha quindi capito di avere materiale per tanti libri in cui raccontare cio` che ha visto, fare delle riflessioni.
Un indovino mi disse e` proprio uno di questi, nato da un incontro un po` particolare trasformato in pretesto per viaggiare e sentire da vicino, vivere in prima persona i luoghi e le persone, dalle province piu` sperdute in cui cercare ancora qualche traccia delle antiche e mitiche culture orientali alle citta` piu` moderne, inghiottite ormai da una occidentalizzazione che cancella tutto cio` che di bello poteva esserci in queste culture.

Questo libro e` stato il mio primo incontro con Terzani. Mi e` stato regalato qualche mese fa da una persona che sapeva che non era esattamente il genere di libro che avrei comprato in libreria, ma che voleva che lo leggessi perche` “ti fara` riflettere”. E questa e` la frase che viene piu` utilizzata dalle persone che sul web hanno scritto delle recensioni o delle semplici opinioni su Terzani. “Fa riflettere”. Come e` stato quindi questo incontro?
Devo dire la verita`, all'inizio non tanto positivo. Terzani passa da un argomento all'altro, come un fiume in piena, ripercorrendo mese dopo mese gli eventi principali che gli sono successi nel corso del 1993, dalle persone che ha incontrato ai posti che ha visitato, vagando da un indovino all'altro. Gli indovini, infatti, sono in Asia ancora delle figure molto presenti, tanto che tutti, anche le persone piu` insospettabili hanno un indovino di fiducia. E quindi Tiziano chiede a ogni nuova persona che conosce chi sia l'indovino piu` bravo e si fa fissare appuntamenti, cercando (e noi con lui) qualche traccia delle vecchie usanze che soprattutto a noi occidentali appaiono cosi` mitiche e affascinanti. Purtroppo nella maggior parte dei casi rimane deluso, rendendosi conto di incontrare delle persone che sono semplicemente degli ottimi psicologi, dei “mentalisti” che propinano sempre le stesse cose valide per tutti e per nessuno.
Alla fine questa ricerca dell'indovino migliore altro non e` che un ulteriore pretesto per viaggiare, per scoprire e riscoprire e per conoscere. E se i suoi racconti delle persone che incontra e delle usanze che trova e` estremamente affascinante fin dall'inizio, cio` che non sopportavo era la sua continua lamentela sull'occidentalizzazione dell'Asia. Potevo condividere il suo dispiacere nel veder perdere il vero carattere di queste culture millenarie e cosi diverse dalla nostra ma non condivido la sua visione totalmente pessimista sull'Occidente “ottuso, brutto e cattivo”.

Con il tempo penso di essere entrata un pelino di piu` nella sua testa, ho iniziato a vedere le cose con i suoi occhi e a sentire la delusione che provava nel vedere cio` che piu` amava di questi posti venire cancellato. E` veramente un peccato. Pero` continuo a non condividere tutto quello che pensava.
Alla fine della lettura penso che questo libro non mi ha fatto riflettere come la persona che me l'ha regalato intendeva o voleva che facessi. Pero` mi ha fatto viaggiare, mi ha fatto sognare, indignare. Sentivo proprio di accompagnare Tiziano, pur stando sempre sul divano di casa e mi e` dispiaciuto abbandonare l'Asia e tornare “in Occidente”. Se quindi all'inizio io e Tiziano non ci siamo trovati, con il tempo abbiamo trovato un punto di incontro. Questo libro e` come quelle persone estremamente persuasive che riescono a convincerti a fare qualcosa che non vuoi fare e tu non sai neanche come ci sei arrivato. Non riesco a descrivere meglio di cosi i sentimenti provati nella lettura di questo libro.

Lo consiglio? Fortemente. Mi e` piaciuto? Tanto. Leggero` altro di Terzani? Non lo so. Continuo a pensare che non sia il mio genere, pero` non mi sento di escludere che prima o poi non ci incontreremo di nuovo. Il mio voto, cresciuto con la lettura, e` di 4/5.


domenica 25 novembre 2018

"Rose Madder" di Stephen King - Cosa ne penso?


“Rose Daniels e` sposata con Norman da 14 anni; anni segnati da botte, soprusi, violenze fisiche e psicologiche e aborti provocati dai pugni. Per 14 anni Rose sopravvive e sopporta cercando di estraniarsi dalla realta` fino a quando un giorno, rifacendo il letto, scopre una minuscola macchiolina di sangue. Quella singola macchia la sveglia e la induce a rubare la carta di credito del marito, aprire la porta di casa e allontanarsi. Questo semplice gesto la porta 800 Km lontana da casa, verso nuove amicizie e verso la speranza. Ma Norman e` un poliziotto e non lascera` che la sua serva/moglie vada via cosi facilmente.
In tutto questo, poi, si inserisce un misterioso quadro, insignificante agli occhi di tutti tranne che a quelli di Rosie, che ne viene irrimediabilmente e inspiegabilmente attratta.”




L'incipit di Rose Madder e` uno dei piu` intensi che abbia mai letto. C'e` una donna che un minuto prima stava leggendo tranquillamente un libro e un minuto dopo e` per terra, a cercare di ingurgitare con fatica e con dolore aria nei polmoni perche` le botte che ha appena ricevuto non le permettono di respirare e le stanno provocando un aborto. Questa situazione e` provocata dal marito, che semplicemente non gradiva la lettura della moglie. E` una situazione allucinante ma che per Rose Daniels e` la normalita` e non e` nemmeno finita: questo episodio accade nel 1985, un anno particolarmente pesante per i due coniugi, come verremo a sapere piu` avanti, ma anche uno dei primi di questo matrimonio che andra` avanti per altri 9 anni.

Al capitolo successivo, infatti, ci ritroviamo 9 anni dopo insieme a Rose mentre sta facendo le faccende di casa; ed e` in questo momento che grazie a una piccola goccia di sangue sul lenzuolo, regalo dell'ultimo pestaggio di Norman, scatta qualcosa nella testa addormentata di Rose. E Rose si trova in questo stato di apatia non perche` sia poco intelligente, ma come meccanismo di difesa; perche` la sua testa ha trovato solo questo modo per proteggersi. Ma un dettaglio cosi` piccolo, cosi insignificante induce Rose a svegliarsi e a sconvolgersi la vita. E noi aggiungeremo finalmente!
Da questo momento ha inizio da una parte un percorso di rinascita per Rose, che da topolino sperduto tira fuori un grande coraggio e piano piano, con l'aiuto di un centro antiviolenza e di nuove amiche, inizia a capire cosa ha veramente perso in quei 14 anni e cosa ha ancora da offrirle la vita. Dall'altra assisteremo alla caduta nel delirio di Norman, un uomo che se all'inizio ispira solo tanto disgusto, con il tempo incute vero timore.
All'inizio del romanzo, infatti, Norman sembra il classico marito violento, un po` ignorante, troglodita convinto che la moglie sia nata per fargli da serva; un uomo molto simile al marito di Dolores Claiborne, per esempio, ignorantone pronto a prendersela solo con chi reputa piu` debole di lui. In realta` Norman e` molto lontano dall' essere questo tipo di uomo. Il romanzo e` strutturato in modo da avere, nel momento in cui si separano, due punti di vista diversi: abbiamo alternativamente il punto di vista di Rosie e quello di Norman, o meglio quello della testa di Norman. Scopriamo cosi` che Norman e` un poliziotto estremamente competente e intelligente, ma crudele e corrotto e, cosa ancora piu` importante, un malato mentale. Inizialmente questa sua caratteristica e` poco sviluppata ma la fuga della moglie e` la scintilla che accende definitivamente la miccia e fa esplodere il delirio piu` totale: Norman in realta` e` una belva malata, un killer, un cannibale e probabilmente soffre anche di personalita` multiple. Dal ribrezzo iniziale si passa quindi ad avere sincero terrore per questo personaggio che fa della ricerca e della conseguente punizione della moglie la sua ossessione per la quale e` pronto a far fuori chiunque si metta in mezzo. La caccia e` veramente qualcosa di ansiogeno e mostra, come accade tantissime volte nei romanzi di King, quanto non sia necessario che ci sia un mostro sovrannaturale per avere paura: cio` che dobbiamo veramente temere e` la crudelta` e la follia dell'essere umano.

Ovviamente, essendo un romanzo di King, il sovrannaturale ci deve essere e questo e` rappresentato dal quadro che misteriosamente “chiama” Rosie in un negozio dei pegni. E` un quadro insignificante, una crosta, ma per Rosie e` magnetico e sara` fondamentale nello scontro finale tra moglie e marito.

Le parti che mi sono piaciute di piu` di questo romanzo sono la prima e l'ultima. La prima parte, che potrebbe arrivare piu` o meno fino a quando Rosie arriva al centro Figlie e Sorelle, e` come dicevo, veramente intenso. E` incredibile come Stephen King sia riuscito questa volta a mettersi perfettamente nei panni di una donna vittima di abusi e a descrivere eccezionalmente bene questa situazione. King non risparmia al lettore nessun dettaglio cruento e se si pensa che la scena iniziale sia qualcosa di orribile, pagina dopo pagina scopriremo che e` solo la punta dell'iceberg delle violenze subite da Rosie. E quando si pensa di aver letto l'episodio piu` brutto, Rosie ne ha in serbo un altro ancora peggiore. Questa donna ha subito una vera e propria tortura per 14 anni. In silenzio.
Ed e` bellissima anche la parte finale, in cui i due coniugi completamente cambiati, finalmente si scontrano: Norman ormai e` totalmente folle mentre Rosie e` una donna che sta cercando di superare i propri traumi ed e` molto diversa dalla donna che conoscevamo.

Il mio problema con questo libro e` con cio` che si trova nel mezzo. La parte in cui Rosie comincia la sua nuova vita non mi e` piaciuta molto perche` l'ho trovata finta e un tantino noiosa. Io sono fissata con la “plausibilita`” degli eventi descritti e tutto cio` che accade a Rosie in questa parte per me non lo e`. Per quanto io tifi per questa donna e creda che dopo l'inferno in cui ha vissuto meriti veramente la felicita`, in questa parte la felicita` arriva tutta insieme e troppo velocemente: in tempo zero sembra aver superato i suoi traumi, trova un lavoro da 1000 dollari alla settimana e un fidanzato perfetto. E soprattutto questa parte non mi e` piaciuta perche` non la ritengo credibile. Una donna nelle condizioni in cui e` Rosie qualche mese dopo essere fuggita di casa credo sia una donna ancora fortemente impaurita, che ha bisogno dei suoi tempi; non credo che abbia voglia di gettarsi subito tra le braccia di un altro uomo, sconosciuto per giunta, e dichiarargli amore eterno dopo una settimana. Se succede non e1 guarita ma proprio il contrario: e` una donna che ancora non ha superato la mentalita` di dipendenza da un uomo. E invece lei si mette giusto un paio di dubbi per due o tre giorni e poi si lancia a capofitto. E` stata molto fortunata ad aver trovato l'uomo apparentemente perfetto, che dopo i suoi racconti sul suo passato non si sbilancia minimamente. Tutto molto bello ma poco credibile e decisamente molto smielato. Non so, ma non credo che una storia d'amore fosse quello di cui Rosie avesse bisogno in quel momento. Avrei apprezzato di piu` se King l'avesse fatta rialzare completamente da sola, sulle sue gambe e poi, magari qualche tempo dopo lo scontro con Norman, le avesse fatto incontrare Bill. Perche` il suo lieto fine sta donna se lo merita indubbiamente.

In conclusione Rose Madder e` un libro che, se all'inizio mi stava piacendo totalmente, con il tempo ha perso un po` ma che e` incredibile dal punto di vista delle “storie umane” che King e` sempre in grado di raccontare con la sua solita bravura. Il mio voto e` un 3.8-4/5. 

lunedì 19 novembre 2018

"Obscura, tutti i racconti" di Edgar Allan Poe - Cosa ne penso?


“Obscura e` l'ultima raccolta completa in ordine cronologico di tutti i racconti in prosa di Edgar Allan Poe. Un autore famoso soprattutto per i suoi racconti sulla morte e sugli amori tragici ma che in realta` e` stato il precursore e l'ispiratore di tanti generi differenti, dall'horror alla fantascienza, dall'avventura alle storie investigative.”






<Poe ha fatto qualcosa che a nessuno era mai riuscito o sarebbe potuto riuscire. A lui dobbiamo il moderno racconto dell'orrore nella sua ultima e perfetta espressione. H.P.Lovecraft.

Cosa dire ancora su Edgar Allan Poe che non e` gia` stato detto? Lui, i suoi racconti, le sue poesie, sono state analizzate cosi tante volte e da persone molto piu` esperte di me che temo un po` questo commento. Mi scuso quindi in anticipo per la possibile ovvieta` delle cose che diro`.
Una cosa che pero` mi viene in mente quando penso a Poe e` che di solito viene associato all'horror e al paranormale. In realta` la sua produzione e` stata molto piu` vasta e differenziata. E leggendo questa raccolta si potra` benissimo intuire che i racconti “horror” sono solo una piccola parte di cio` che e` uscito dalla sua testa e dalla sua penna e che forse l'horror in molti casi c'entra poco.

Di raccolte di racconti ne esistono parecchie e ogni editore sceglie modalita` diverse per presentarli: ci sono raccolte in cui i racconti sono divisi per genere e ce ne sono altre, come quella in questione, che riporta i racconti in ordine cronologico. Ogni racconto e` quindi corredato di data di pubblicazione e titolo originale e procedendo in questo modo si incontrano racconti di generi piu` disparati. Si capisce quindi che Poe non ha attraversato nessuna “fase” ma che scriveva cio` che piu` lo ispirava in quel momento, come un fiume in piena. I racconti, comunque, non sono legati in alcun modo e quindi il lettore puo` decidere la modalita` di lettura che piu` gli aggrada: puo` procedere in ordine, come ho fatto io, oppure per “generi” e in questo caso nella prefazione e` presente un elenco di questo tipo, fatto proprio per chi volesse leggere prima i “racconti dell'orrore”, poi quelli del “grottesco” e cosi` via.
Dicevo che io ho preferito la lettura in ordine cronologico ma qui ammetto di aver barato! Non ho letto tutti i racconti, infatti, perche` la raccolta e` veramente vasta (962 pagine) e ho quindi preferito dare la priorita` ai racconti che non conoscevo; ma del resto gli altri non avevo un gran bisogno di rileggerli perche` nonostante siano davvero tanti, ognuno trova il modo di rimanere nella testa e quindi me li ricordavo piuttosto bene. Nessun racconto di Poe potra` mai uscire davvero da voi senza lasciarvi un segno.

Come gia` ho detto, Poe ha scritto diverse tipologie di racconti, e spesso si tende a pensare che abbia scritto sul “paranormale”. In realta` Poe non scrive apertamente cose di questo tipo. Mi spiego meglio. Ci sono racconti che per l'angoscia che trasmettono e per i fatti portati all'estremo possono apparire “sovrannaturali”, ma in realta` Poe quando mai parla di mostri o di fantasmi? Quello che descrive lui sono fatti sicuramente portati all' eccesso, inquietanti e che mettono i brividi ma normali (a parte forse una possibile reincarnazione, ok :D). I soggetti di questa tipologia di racconti sono la morte, le malattie mortali che portano via per sempre l'amata al protagonista, le ossessioni, la pazzia; sono patologie portate all'estremo, ma sempre patologie riconoscibili. E` il modo che ha lui di raccontarli che li rende raccapriccianti! E questi sono i miei racconti preferiti, quelli che me l'hanno fatto e tutt'ora me lo fanno amare alla follia. E quindi sto parlando di La maschera della morte rossa, Il gatto nero, Il pozzo e il pendolo, Il cuore rivelatore, La caduta di casa Usher, Berenice, Ligeia, William Wilson, Il seppellimento prematuro (potrei continuare ma spero di aver reso l'idea). Questa volta li ho saltati ma non mi stanco mai di rileggerli!

Poi abbiamo i racconti di genere investigativo, che sono pochi ma che adoro follemente! Tutti conoscono investigatori come Sherlock Holmes o Poirot ma prima di tutti loro e` arrivato Auguste Dupin, lo strano e intelligente investigatore parigino protagonista di storie come I delitti della Rue Morgue o Il mistero di Marie Roget. Per alcune caratteristiche sono simili alle storie narrate da Arthur Conan Doyle (per fare un esempio) ma hanno sempre quel tocco di macabro tipico di Poe che non ci posso fare niente, me li fanno amare di piu`!

Veniamo poi alle altre tipologie di storie che invece non mi conquistano molto. Se pensate che Poe fosse un depresso cronico che non rideva mai, ebbene vi sbagliate. Poe era estremamente ironico, con un senso dell'umorismo particolare e ci sono moltissimi racconti in cui queste due caratteristiche dominano. Ne vengono fuori dei racconti ironici, molto spesso satirici e caricaturali in cui i nomi dei protagonisti sono giochi di parole e i protagonisti stessi e gli eventi che li riguardano sono paradossali e grotteschi. Di questi racconti alcuni mi piacciono, altri decisamente meno. Alcuni, alla fine mi hanno fatta sorridere mentre altri mi hanno lasciato sensazioni di disagio, perche` il suo senso dell'umorismo poteva essere davvero strano. Tra questi mi sono piaciuti Hop-Frog, Non bisogna scommetere la testa col diavolo, La truffa, Il sistema del Dott.Catrame e del prof. Piuma, Sei stato tu!, Il demone della perversita` mentre non ho apprezzato racconti come Vita letteraria di Thingum Bob, Come si icsa un paragrafo, La falce del tempo.

Infine Poe scrisse anche molti racconti di avventura in cui troviamo viaggi di esplorazione in posti mai visitati dall'uomo o viaggi su mongolfiere e altri trabiccoli che portano a improbabili viaggi sulla Luna. Questi sono i racconti di Poe che non mi piacciono per niente. Mi rendo conto comunque che il problema non e` di Poe, che scrive anche in questo caso dei racconti dai quali traspare una intelligenza e una cultura molto vasta, ma mio perche` i racconti di avventura non mi sono mai piaciuti; e se poi sono ricchi di descrizioni di paesaggi, animali e mongolfiere varie allora perdo tutto il poco interesse che posso avere. Ma questo e` solo gusto personale.

Non posso che promuovere a pieni voti questa raccolta quasi completa (mancano solo le poesie), curata anche nei dettagli estetici e con una bellissima introduzione di H.P.Lovecraft, noto fan di Poe. Sicuramente consiglio pero` di affrontarla a piccole dosi e magari di alternarla ad altre letture, perche` per quanto belli, questi racconti letti tutti d'un fiato possono risultare abbastanza pesanti.
Il mio voto e` un 5 pieno!

martedì 13 novembre 2018

"The outsider" di Stephen King - Cosa ne penso?



“Nella torrida estate di Flint City un orrendo fatto di cronaca nera sconvolge le vite della tranquilla cittadina: Frankie Peterson, 11 anni, viene ritrovato morto dopo aver subito una violenza atroce. E come se non bastasse, tanti sono i testimoni oculari cosi` come le prove che incastrano Terry Maitland, una delle persone piu` conosciute e ben volute di Flint City. Come e` possibile che Terry, amorevole padre di famiglia e coach di tutti i ragazzini della citta` sia stato capace di tanto? Eppure le prove lo incastrano, e` sicuramente colpevole. Ma Maitland e` capace di fornire, per la sera dell'omicidio, un alibi a prova di bomba, inattaccabile.

Quale sara` la verita`? E` stato Maitland? E se non e` stato lui chi puo` aver commesso un omicido cosi disturbante?”



Dopo La scatola dei bottoni di Gwendy (in Italia sono usciti in ordine invertito) che nella scorsa primavera ci ha deliziato ma allo stesso tempo lasciati a “pancia vuota” per la brevita` del libro, esce in Italia anche la seconda fatica letteraria di Stephen King del 2018 con un romanzo che con le sue 529 pagine ha fatto da antipasto, primo, secondo e contorno. Ne avrei voluto ancora, ma per il momento mi sento abbastanza sazia!

The Outsider comincia come un thriller in piena regola. C'e` un efferato omicidio, delle indagini frettolose che conducono a un colpevole, c'e` un arresto eclatante, ci sono le prove che lo inchiodano ma anche quelle che lo scagionano; insomma, un mistero in piena regola. Gia` solo questa parte e` stata veramente avvincente. King ha dimostrato, con la trilogia dedicata a Mr.Mercedes e al detective Bill Hodges, di essere un eccellente scrittore di thriller e con questa prima parte conferma che ha poco da invidiare ai maestri del genere perche` tiene davvero il lettore incollato alle pagine, crea suspence e ci si interroga continuamente per tentare di spiegare cosa puo` essere successo. Terry Maitland e` veramente innocente o come un bravo serial killer che si rispetti recita alla perfezione il ruolo di cittadino modello?

E qui Stephen King da la mazzata. Quando ormai ci sentiamo dentro al mistero e alle indagini avviene un signor colpo di scena che forse si puo` solo intuire nelle pagine precedenti ma che che quando arriva lascia a bocca aperta e soprattutto ribalta completamente il corso del romanzo, che da questo momento prende una strada totalmente diversa (sebbene attenzione, sempre legata alla storyline principale). E` qui che lui scrittore e noi affezionati lettori rientriamo in un territorio piu` conosciuto, nel quale ci troviamo piu` a nostro agio; e` qui che gli eventi prendono una piega inaspettata per i protagonisti, che devono avere la forza di mettere in discussione la realta` per come la conoscono se voglio arrivare alla verita`. Di piu` non si puo` assolutamente dire perche` rovinerei le sorprese, che in questo romanzo sono tante davvero. E` molto difficile, infatti, andare avanti da questo momento con il commento perche` cadere nello spoiler e` facile e non voglio rovinare le sorprese o mettere pregiudizi a nessuno.

Da questa considerazione, pero`, arriviamo al finale del libro che da molti (non da tutti) viene considerato un po` deludente o non all'altezza del resto del libro. Premettendo che qui nessuno critica la scrittura di Stephen King, credo che un po` tutti si riferiscano alla scelta narrativa, alla spiegazione che viene data all'omicidio, origine di tutte le vicende e in questo caso si tratta esclusivamente di gusti personali. In tale senso, io vorrei dissentire dall'opinione comune dicendo che a me la conclusione e` piaciuta molto. Perche` ho ritrovato lo Stephen King che conosco; perche` per quanto riconosco che King e` anche un ottimo scrittore di thriller, la sua sostanza e` un'altra. Se io leggo “un King” e` perche` ricerco determinate caratteristiche in una storia e qui le ho trovate tutte.

Come accade spesso, King e` anche un ottimo caratterizzatore di personaggi. Dopo i suoi libri con protagonisti ragazzini, i miei preferiti rimangono quelli dove non c'e` un solo protagonista ma dove i protagonisti sono una cittadina e un gruppo di suoi abitanti; cittadine relativamente piccole, dove tutti si conoscono e dove King si sbizzarrisce creando personaggi tutti diversi ma che sono tutti “reali”, con i pregi ma soprattutto i difetti degli esseri umani. Quindi non posso che menzionare le belle ma altrettanto terribili descrizioni dell'omicidio, del ritrovamento, dell'arresto e della gogna pubblica di Terry Maitland, e soprattutto della folla davanti al tribunale, formata da gente per bene, ma che in gruppo e fomentata dalla rabbia e dall'indignazione diventa, come dice King stesso “un branco di iene”.

Mi e` piaciuto proprio tutto tutto? Sinceramente si, ho pochissime critiche da fare a questo libro, ma se proprio voglio trovare il pelo nell'uovo, l'unica cosa che forse non mi ha soddisfatta pienamente e` stata la velocita` del finale. Non la spiegazione, non i fatti, ma la velocita`. In effetti, dopo quasi 500 pagine il tutto si conclude in modo un po` sbrigativo, avrei voluto piu` azione; ma nonostante questo me lo sono proprio goduta.
Inoltre, un'altra polemica legata a questo libro e` il fatto che King ha inserito tra i personaggi una vecchia conoscenza, che con la sua presenza ha raccontato per filo e per segno altri suoi romanzi. E` vero, ci sono tanti spoiler, pero` non la vedo come una grande novita`. Gli appassionati di King sanno che zio Steve e` uno spoileratore nato, lo fa apposta, si diverte. Annuncia grosse morti qualche pagina prima oppure racconta i finali dei libri di altri autori, e come in questo caso si collega ad altre sue opere ciarlando a ruota libera. Si sa che e` cosi, quindi non capisco perche` indignarsi. L'avvertenza che si puo` dare a chi desidera affrontare la lettura di The outsider (e che forse si poteva scrivere da qualche parte) e` di essere sicuri di aver letto prima tutta la trilogia di Mr.Mercedes. Fidatevi!

The outsider per me e` in definitiva una delle migliori produzioni Kinghiane degli ultimi anni, mi ha fatta appassionare come non mi succedeva da un po`, costringendomi a pensare in continuazione a quale potesse essere la verita`e a trovare qualsiasi momento libero per andare un po` avanti nella lettura. Devo ringraziare il fatto di aver partecipato a un gruppo di lettura che mi ha “costretta” a leggerlo piano o l'avrei finito in un paio di giorni :D Il mio voto per questo libro e` un 5/5 pieno.




lunedì 12 novembre 2018

"I medici - Una regina al potere" di Matteo Strukul - Cosa ne penso?


“Francia, 1536. Caterina de Medici, bisnipote di Lorenzo il Magnifico, e` diventata delfina di Francia grazie al matrimonio con il principe Enrico ma la sua vita non a corte non e` per niente semplice: malvista da tutti in quanto straniera e non nobile, tradita pubblicamente con la favorita Diana di Poitiers, Caterina e` costretta a subire le umiliazioni aspettando pazientemente il momento in cui potra` prendersi le sue rivincite.
Sullo sfondo di una Francia colpita da orribili guerre di religione, che culmineranno con la strage degli Ugonotti, in questo romanzo assisteremo all'ascesa al potere di Caterina de Medici, una donna passata alla storia come donna senza cuore e violenta ma che in realta` possedeva tante sfumature.”




I medici – Una regina al potere e` il terzo volume che Matteo Strukul ha dedicato alla famiglia fiorentina piu` famosa. Dopo aver incontrato Cosimo (Una famiglia al potere) e Lorenzo il Magnifico (Un uomo al potere), rispettivamente nonno e nipote, facciamo un salto nel secolo successivo e in un'altra nazione. Caterina de Medici, infatti, viene promessa in sposa al delfino di Francia Enrico II, un uomo bello di cui Caterina si innamora immediatamente ma che non la contraccambiera` mai. Quando Caterina arriva in Francia, infatti, Enrico ha gia` una relazione con una donna 20 anni piu` vecchia di lui ma considerata la piu` bella del Regno, Diana di Poitiers, che gli fa da madre, da confidente e da amante.
Enrico non e` neanche diretto erede al trono, in quanto prima di lui c'e` suo fratello, Francesco, ma nel momento in cui viene assassinato per Enrico e Caterina si apre la strada che portera` dritta al trono.

Caterina e` passata alla storia come una donna potente, ma di brutto carattere; violenta, assetatata di sangue e vendicativa. Strukul pero` decide di presentarci una Caterina differente e che sarebbe, secondo gli studi affrontati per scrivere questo romanzo, molto piu` vicina alla Caterina reale.
Nella prima parte della sua vita a corte, infatti, Caterina e` costretta a stare in un angolo e messa li per pura figura. Nonostante sia da subito felice del ruolo e del matrimonio che le viene imposto, e nonostante l'entusiasmo con il quale abbraccia la sua nuova patria, non verra` mai accettata completamente ma anzi verra` costantemente criticata, additata, snobbata per la sola colpa di essere italiana. Inoltre Enrico vive pubblicamente e senza problemi la sua storia d'amore con Diana, senza mai preoccuparsi del dolore e dell'umiliazione che infligge alla moglie. Caterina all'inizio e` una donna di buon cuore, innamorata e molto intelligente ma e` costretta a ingoiare rospi per anni. Sopportare e attendere diventano il suo mantra.
Nel momento in cui diventa regina, deve portare su di se il peso del governo, gli intrighi, la vedovanza, deve pensare ai suoi 10 figli e alla Francia e questo, sommato a tutto quello che ha dovuto sopportare per anni la portano piano piano a essere la donna che ora viene ricordata. Purtroppo, per il governo, le lotte di religione e la difesa della sua famiglia fara` delle scelte estremamente infelici, non senza una punta di rimorso ma che non basta a fermarla.
Se Caterina per certi versi e` sicuramente una Medici degna erede dei personaggi che hanno fatto grande il nome della sua famiglia, per altri e` il simbolo dell'inizio del declino della stessa. Ha sicuramente ereditato una grande intelligenza, e` scaltra soprattutto in politica, una grande stratega; ma non e` comunque in grado di “competere” con chi l'ha preceduta.
Se per esempio leggendo i primi due volumi, Cosimo e Lorenzo sono uomini quasi da ammirare, con i quali i lettori si puo` anche identificare e che puo` amare, con Caterina questo non avviene. All'inizio della sua storia ci si immedesima molto in lei, ma nel momento in cui cambia, il lettore non puo` piu` trovarsi in sintonia con lei.
Ho comunque trovato il personaggio di Caterina molto interessante dal punto di vista storico, anche se non credo diventera` uno dei miei personaggi storici preferiti.

Per quanto riguarda lo stile del romanzo, dico che mi e` piaciuto. Probabilmente tra i primi tre il mio preferito rimarra` il primo, Una famiglia al potere e con lui Cosimo che mi manca ancora moltissimo. Il secondo volume, invece, Un uomo al potere e` stato quello che mi ha provocato un po` di delusione per vari motivi tra cui la figura di Lorenzo, di cui avevo un'immagine totalmente diversa. Il Lorenzo di Strukul, purtroppo, ha ben poco di Magnifico ma sembra piu` un uomo che si impegna per accontentare gli altri ma che alla fine combina solo casini! Inoltre ricordo di aver trovato alcune scene decisamente poco credibili e un po` irritanti, messe un po` a casaccio.
In questo terzo volume, invece, benche` la protagonista non mi abbia fatta “innamorare”, ho trovato un romanzo di nuovo ben scritto, ben narrato e senza i difetti trovati in Un uomo al potere. Va bene, questi romanzi non si posso definire esattamente dei capolavori della letteratura ma non per questo non sono bei libri. Strukul mi ha immersa subito nella Francia del '500 e in maniera molto avvincente, tanto che se non avessi avuto vari impegni l'avrei finito in due giorni. Non riuscivo a staccarmi dalla lettura!
Ma mi e` piaciuto tutto tutto? No, perche` come ho detto non e` un romanzo perfetto. Quello che a me personalmente non e` piaciuto, e che si ritrova in tutti i libri della saga, e` il fatto che e` abbastanza frettoloso. I capitoli sono molto brevi, a volte troppo, e spesso da un capitolo all'altro si fa un salto temporale di qualche anno per ritrovare quindi i personaggi cresciuti, cambiati. Ogni volta mi sono trovata un po` spaesata, come se mi mancasse qualcosa. E` sicuramente una scelta dell'autore, che per coprire piu` decenni della vita dei protagonisti deve scegliere: o scrivere un romanzo di mille pagine o correre un po`. Strukul sceglie la seconda via, ma questa scelta non mi ha soddisfatta molto.
In conclusione questo libro ha eliminato la delusione provata con il suo predecessore, mi ha intrattenuta piacevolmente per qualche giorno e divertita. Un romanzo storico di non altissime pretese ma molto carino, e per questo non vedo l'ora di terminare la saga con il quarto e ultimo volume per poi dire addio a questa grande famiglia!